Aiutami a fare da solo: tecnologia e DSA
L’esperienza della cooperativa Canalescuola, che in 10 anni ha aiutato oltre 800 ragazzi con disturbi specifici dell'apprendimento.
“Aiutami a fare da solo!”. Lo slogan scelto da Canalescuola dice molto sulla filosofia che ispira la cooperativa sociale bolzanina che in oltre dieci anni ha seguito 700-800 ragazzi con disturbi specifici dell’apprendimento (DSA). La coop è nata nel febbraio 2006 per iniziativa di un gruppo di lavoro avviato da insegnanti, pedagogisti, psicologi interessati alla tecnologia e, in particolare, sulle sue applicazioni didattiche e formative.
Concretamente, poi, tutto è cominciato in una scuola di Laives, dove, grazie a un finanziamento della Sovrintendenza, nel 2008 è stato creato per la prima volta un modello didattico incentrato sull’uso delle tecnologie ad uso dei ragazzi con DSA che successivamente è stato esportato e ora conta 25 laboratori in tutta Italia. “Con un gruppo di pedagogisti – racconta Davide La Rocca – vedendo che i bambini con disturbi di apprendimento erano sempre di più, e che in moltissimi casi si trattava di bambini molto intelligenti e pieni di voglia di applicarsi, abbiamo pensato: non possiamo sprecare così tante intelligenze (si calcola che tra il 3 e il 4% della popolazione sia affetta da DSA, ndr). Allora abbiamo deciso di provare a creare pratiche didattiche utili ad aggirare gli ostacoli. Il grande successo ottenuto a Laives ha fatto sì che si arrivasse progressivamente alla situazione attuale, che vede 14 istituti scolastici altoatesini convenzionati con Canalescuola. Nell’anno scolastico 2018/2019 stiamo seguendo circa 120 ragazzi”.
Sul territorio nazionale una grande accelerata e un picco di attenzione verso il pianeta DSA è arrivato con la legge n. 170 del 2010 che tutela gli studenti, raccomandando pratiche didattiche specifiche, e fra queste, un uso corretto e consapevole della tecnologia e dell’informatica. “Velocemente – spiega La Rocca – si sono diffuse in questi anni delle buone pratiche che puntano all’autonomia dei ragazzi, dagli strumenti compensativi alle strategie dispensative, gli studenti oggi godono di maggiori consapevolezza rispetto ai loro punti di forza e debolezza. Abbiamo creato quindi dei laboratori in un ambiente extrascolastico con l’obiettivo di far acquisire a bambini e ragazzi un metodo di studio funzionale ad aggirare le loro difficoltà”.
Sono disponibili una serie di software creati ad hoc e sintesi vocali di grande qualità. Mentre i ragazzi digitano sentono le lettere che scrivono, quando devono studiare, il computer può supportare la comprensione del testo evidenziando le parole mentre vengono lette dalla sintesi vocale, come in un karaoke. Si legge sfruttando entrambi i canali sensoriali, vista e udito. “Il nostro obiettivo – continua La Rocca – è creare le condizioni affinché i ragazzi possano fare da soli. Nei laboratori imparano ad utilizzare software per creare le mappe concettuali, strategie per comprendere i testi, strategie di calcolo e metodi per ottimizzare i tempi di lavoro. Sviluppiamo le competenze trasversali per valorizzare quello che sanno fare, puntiamo sulla crescita sul piano dell’autostima e della motivazione. Nel Laboratorio extrascolastico lavoriamo sui contenuti curriculari proposti dagli insegnanti, ma i ragazzi usano strumenti di lavoro alternativi”, che per loro sono indispensabili.
Con il passare del tempo l’intero mondo scolastico, dai vertici amministrativi ai giovani insegnanti, sta realizzando una cosa: “I ragazzi con dislessia hanno portato innovazione nella scuola. Grazie al fatto di avere alunni dislessici molti insegnanti hanno acquisito strumenti e idee delle quali poi beneficia tutta la classe. I ragazzi trovano un ruolo attivo, spesso producono mappe concettuali, schemi, tabelle, sintesi e riassunti utili ai compagni per comprendere e memorizzare l’argomento. I prodotti vengono quindi pubblicati nelle piattaforme on line, i ragazzi si spediscono fra loro i materiali, li rielaborano, li personalizzano e li mettono a loro volta on line, creando un vero circolo virtuoso”.
Di solito oggi la dislessia viene diagnosticata ai bimbi che frequentano la seconda elementare utilizzando strumenti molto precisi. In quel momento della loro crescita il sistema sanitario pubblico offre alle famiglie l’importante supporto della logopedia. “Verso i 9-10 anni – spiega La Rocca – inizia il percorso con noi. Nella nostra struttura abbiamo psicologici, logopedisti e pedagogisti. Siamo una decina di persone operative a Bolzano e circa 180 soci in tutta Italia”.
Negli ultimi tempi il numero di “diagnosi” nelle classi è in costante aumento. “È fortunatamente cambiata la cultura – conclude La Rocca – c’è una sensibilità diffusa verso questa tematica. Molto può fare la scuola e la famiglia, ma va precisato che tutto il sistema deve fare molta attenzione a non confondere le difficoltà scolastiche con i disturbi dell’apprendimento. I primi anni di scuola elementare sono molto importanti per avviare i bambini a leggere, comprendere e scrivere correttamente. In Italia abbiamo una cultura dell’inclusione scolastica che altri Stati si sognano. Per gli insegnanti avere bimbi con DSA può essere, dunque, una grande occasione per abbandonare almeno parzialmente la modalità della lezione frontale ed esplorare nuove metodologie. Questo è il classico esempio di come sia possibile trasformare una difficoltà in una opportunità”.
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