Ghiacciai, persi 30 kmq in vent'anni
Le impressionanti cifre sulle nevi perenni rivelano che nel 2050 la superficie totale potrebbe arrivare a 50 chilometri quadrati. Nel 1997 i kmq erano 109.
Il primo funerale di un ghiacciaio altoatesino è, di fatto, già stato celebrato. Il convegno “L’esaurimento della Fontana Bianca” che si è tenuto in val d’Ultimo a settembre del 2018 ne ha sancito la fine delle misurazioni avviate nel 1983 dall’ex direttore dell’Ufficio idrografico provinciale, Paolo Valentini, e quindi riattivate dall’attuale direttrice, Michela Munari, con il coinvolgimento di un gruppo di ricerca dell’Università di Innsbruck coordinato da Georg Kaser. Dai dati emerge che in 31 anni di “bilancio di massa” sono andati persi 19 milioni di metri cubi d’acqua, con un assottigliamento medio del ghiacciaio di 30 metri. Solo in 3 anni il bilancio di massa è stato leggermente positivo, mentre l’anno più nero, da questo punto di vista, è stato il “famigerato” 2003. “In occasione della sofferta decisione di sospendere le campagne di misura, sentiamo l’esigenza di ripercorrere e condividere il lavoro svolto senza peraltro dimenticare di guardare al futuro del monitoraggio dei ghiacciai alpini che, provati dal cambiamento del clima, vanno sempre più disgregandosi e sono verosimilmente destinati a svanire, come sta accadendo alla Fontana Bianca”, dissero Michela Munari e Roberto Dinale.
In 20 anni l’Alto Adige ha perso circa 30 kmq di ghiacciai, passando dai 109,4 del catasto del 1997 ai 75-80 km2 del catasto 2017 in fase di elaborazione. Con questa impressionante progressione si stima che nel 2030 la superficie dei ghiacciai altoatesini sarà dell’ordine dei 50 kmq. E se il trend non dovesse essere invertito nel prossimo secolo la locuzione “nevi perenni” potrebbe sparire dai libri di geografia dell’arco alpino, o quanto meno da quelli della parte più orientale, come la nostra, in cui le montagne sono più basse. “Se con l’Impegno di tutti – spiega ancora Dinale – riusciremo a limitare il riscaldamento globale al di sotto di 1,5 gradi, a fine secolo potrebbe sopravviverne un terzo, in caso contrario i ghiacciai, si esauriranno”.
Questo non significa affatto, comunque, che il territorio altoatesino soffrirà di problemi di approvvigionamento d’acqua. Periodi di siccità saranno in futuro più frequenti, “ma va considerato – afferma Dinale – che l’apporto che i ghiacciai danno al ciclo dell’acqua sul territorio provinciale è già oggi piuttosto modesto, e tale da mitigare solo in minima parte, e limitatamente alla Val Venosta, le situazioni di scarsità idrica estiva. Per far fronte a questa criticità e garantire le utilizzazioni saranno quindi necessarie soprattutto misure strutturali e organizzative di risparmio e stoccaggio dell’acqua, quali l’irrigazione a goccia o la gestione integrata dei serbatoi idroelettrici”.
Per Dinale sarà necessario “passare dei sistemi di rilevamento più tradizionali di fotointerpretazione a quelli più precisi con i dati satellitari. “Poter documentare un cambiamento tanto appariscente quanto significativo è, non solo un grande privilegi, ma anche un dovere” aggiunge Dinale. In ogni caso il monitoraggio dei ghiacciai altoatesini, ovviamente, continuerà. A tal fine alle tecnologie più tradizionali verranno affiancati anche algoritmi automatici di analisi dei dati satellitari, così da aumentare la frequenza di indagine e avere dati aggiornati ogni anno, di modo da seguire in tempo quasi reale le modificazioni in atto”.
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