Le restrizioni legate al coronavirus hanno dato all'amministrazione provinciale una spinta alla digitalizzazione. Con vantaggi e svantaggi per il personale e i servizi.

Il coronavirus ha sorpreso e posto le amministrazioni pubbliche così come la società nel suo insieme di fronte a una sfida importante. Dopo i primi casi di infezione in Italia e poi anche in Alto Adige, si è dovuto decidere rapidamente come l’amministrazione pubblica potesse mantenere i suoi servizi, adattarli alle nuove necessità e allo stesso tempo limitare il più possibile il rischio di infezione per l’utenza e i dipendenti. Il 31 gennaio 2020 il Governo italiano dichiarò l’emergenza epidemiologica in tutta Italia in seguito a due casi di infezione dovuti a un coronavirus mai comparso prima: il Sars-CoV-2. Questa emergenza epidemiologica è stata e continua ad essere alla base di molte decisioni eccezionali, tra cui l’introduzione dello smart working come forma di lavoro nel settore pubblico, decretata con l’articolo 87 del decreto legislativo n. 18 del 17 marzo 2020 e per tutta la durata dello stato di emergenza.

Modelli di lavoro flessibile in vista

Anche la Provincia di Bolzano ha approfittato di questa opportunità per contemperare l’esigenza di restrizioni legate alla pandemia e quella di mantenere attivi i servizi pubblici. Il direttore generale della Provincia, Alexander Steiner, spiega che l’amministrazione provinciale stava preparando all’epoca un test sperimentale in cui un centinaio di dipendenti avrebbero testato modelli di lavoro flessibile. La base normativa veniva già fornita dalla legge Madia del 2015, che promuove il “lavoro flessibile” nelle pubbliche amministrazioni, il telelavoro e la creazione di nuovi posti di lavoro. Tale legge prevede il “lavoro flessibile” nelle amministrazioni pubbliche, il telelavoro e la sperimentazione di nuove modalità di organizzazione del lavoro in termini di tempo e spazio, al fine di facilitare la cura dei figli da parte dei genitori lavoratori e migliorare la conciliazione tra lavoro e vita familiare. Attraverso questo progetto pilota, l’obiettivo non era solo quello di testare il lavoro flessibile e indipendente dalla sede stessa di lavoro, ma anche di promuovere la modernizzazione della pubblica amministrazione con l’aiuto dei nuovi sviluppi tecnologici, in direzione di un’amministrazione efficiente e un posto di lavoro attrattivo, sottolinea Steiner.

Smart working da un giorno all’altro

Poi è arrivata l’emergenza epidemiologica e tutto è successo in un colpo solo. Con la circolare n. 2, la prima sul tema del coronavirus diffusa il 27 febbraio 2020, il direttore generale invitava tutti i dipendenti pubblici a rispettare le norme di igiene e protezione. Tale circolare è stata seguita all’inizio di marzo dalla n. 3, che ha lanciato l’ampio programma di smart working nell’amministrazione provinciale altoatesina. A condizione che fosse compatibile con le caratteristiche del loro incarico, i dipendenti pubblici avevano la possibilità di lavorare da casa. Questo si basava su un accordo individuale con il superiore sul modo di lavorare. In molti casi il personale ha dovuto usare il proprio computer o le proprie attrezzature. Il motto è diventato di colpo „Bring your own device“ (“Porta il tuo dispositivo”), ma per contro i dipendenti potevano utilizzare il proprio account e i propri programmi. Nel solo mese di marzo il numero di dipendenti in smart working è arrivato a quota 3.500. Nel frattempo sono 5.300 i lavoratori che hanno dichiarato la propria disponibilità allo smart working e sottoscritto un accordo in questo senso.

Parallelamente è stato necessario creare l’infrastruttura informatica che permettesse ai dipendenti di lavorare da casa. L’Informatica Alto Adige SIAG è stata incaricata dalla Provincia di occuparsene. Per rendere possibile lo smart working su così larga scala, l’infrastruttura di rete doveva prima essere rafforzata in modo massiccio, creando i presupposti per un lavoro sicuro ed efficiente da casa. Centinaia di postazioni di smart working sono state attivate via VPN/ RDP in pochissimo tempo. In questo processo, una connessione alla stazione di lavoro viene stabilita da casa tramite VPN (Virtual Private Network) utilizzando RDP (Remote Desktop Protocol). In questo modo, si può accedere alla rete interna dell’azienda, così come a tutte le applicazioni software installate e alle unità di rete. La sicurezza è garantita dalla VPN. Si usava e si usa anche “Cloud only”, cioè il cloud di storage dati accessibile grazie alla Rete: uno spazio di archiviazione e il software applicativo grazie ai quali i dipendenti possono usare gli strumenti di Office365 dal PC di casa (ma anche dallo smartphone o tablet) e in questo modo lavorare su documenti online, condividerli con i colleghi, fare videochiamate. Lo strumento Microsoft “Teams” è particolarmente utilizzato, essendo stato attivato più di 7.000 volte, e per il quale è stato creato un team di supporto dedicato per fornire assistenza.

Lo smart working come modalità preferita per lavorare

Un bilancio sull’andamento dello smart working fra i dipendenti dell’amministrazione provinciale è stato tracciato dalla direzione generale. Il settore Controlling ha condotto due indagini per scoprire i vantaggi e gli svantaggi dello smart working. Quasi 2.700 dipendenti provinciali (quasi l’80% di quelli contattati) hanno risposto al primo sondaggio online a giugno, che ha analizzato la prima fase obbligatoria dello smart working. L’86,2% degli intervistati ha detto di aver fatto smart working per una media di 9,9 giorni a marzo, 16,5 giorni ad aprile e 15,5 giorni a maggio. Uno su quattro ha usato un computer portatile fornito dalla Provincia per farlo. La stragrande maggioranza (circa l’85%) ha valutato l’esperienza dell’home office o dello smart working come positiva. Questo vale anche per i manager. Quasi l’87% ha detto che continuerebbe a lavorare in smart working dopo l’emergenza Covid 19, apprezzando in particolare il migliore equilibrio tra lavoro e vita privata, il tempo risparmiato non dovendo spostarsi per andare al lavoro, e la maggiore possibilità di lavorare in modo autonomo. Poco meno dell’80% del personale vorrebbe continuare a lavorare con lo smart working per due o più giorni alla settimana, una percentuale relativamente piccola (7,7%) per un giorno al massimo, mentre il restante 12,4% preferisce lo smart working solo su richiesta.

Dettagli sul sondaggio condotto dal dipartimento di controlling a

http://intranet.prov.bz:8080/FileSystemBrowser/download.jsp?vf=default&path=NEWS_FIS%2FUmfrage_Smart_Working_Juni_2020.pdf(!?!)

 

Smart working anche dopo la pandemia

Il focus del secondo sondaggio, a cui hanno partecipato 2.500 membri del personale, era la seconda fase dello smart working della scorsa estate, in cui la Provincia aveva enfatizzato l’alternanza tra smart working e lavoro in ufficio. Questa volta, quasi il 70% degli intervistati ha risposto di aver lavorato da casa una media di 11,5 giorni a giugno, 8,8 giorni a luglio e 6,5 giorni ad agosto. In aumento rispetto al primo sondaggio è stata la percentuale di coloro che avrebbero continuato a lavorare in smart working dopo la fine dell’emergenza: dall’86,7 al 92,3%. La loro esperienza di smart working è stata più positiva nel sondaggio analizzato a settembre, a 8,3/10 rispetto al 7,8/10 di giugno. Secondo il sondaggio, il 74,1% degli intervistati ha indicato lo smart working come il loro modo preferito di lavorare.

I risultati del secondo sondaggio: http://www.provinz.bz.it/de/downloads/CO_report_102020_Umfrage_Smart_Working_6-8.2020.pdf(!!??!)

 

La risposta positiva del personale ha contribuito al fatto che lo smart working o lavoro agile è stato previsto anche nel secondo stralcio del contratto collettivo intercompartimentale ed è stato quindi sancito come modalità di lavoro anche per il periodo post-Covid. L’accordo si applica quindi non solo ai dipendenti provinciali, ma anche al personale degli enti locali e ad altri datori di lavoro pubblici locali. “Abbiamo passato molto tempo a mettere a punto questo quadro per conciliare le esigenze del datore di lavoro pubblico e i desideri e i suggerimenti dei rappresentanti del personale” dice il direttore del Personale della Provincia Albrecht Matzneller. Il lavoro “agile” continuerà quindi a basarsi su un accordo individuale tra datore di lavoro e dipendente, in cui vengono definiti la durata dello smart working, le ore di lavoro e l’orario di lavoro. L’accordo definisce la durata dello smart working, gli orari di lavoro, i luoghi di lavoro supplementari, i periodi di riposo, le regole IT e gli eventuali poteri di supervisione.

L’Audit dell’Organismo di controllo

Suggerimenti su come il lavoro flessibile può e deve essere implementato nella pubblica amministrazione provengono dall’Organismo di valutazione insediato al Consiglio provinciale altoatesino. Tale organismo esaminato gli effetti che l’introduzione del lavoro flessibile ha avuto sull’organizzazione del lavoro dell’intera amministrazione provinciale secondo i principi della buona amministrazione. Nel suo Audit, l’organismo di controllo ha certificato che l’amministrazione provinciale ha “avviato con successo il passaggio allo smart working per quasi tutto il personale” con numerose “misure in materia di organizzazione, tecnologia e formazione del personale”, garantendo così “la continuità delle attività amministrative e dei servizi per i cittadini e le imprese”. Secondo gli autori del rapporto, Elena Eccher e Wolfgang Bauer, “lo smart working potrebbe essere un’opportunità unica per introdurre un nuovo paradigma culturale in relazione al servizio pubblico”. L’attenzione, dicono, si sta spostando dalla presenza al lavoro al raggiungimento di obiettivi di performance. La presenza e il monitoraggio continuo devono essere sostituiti da una cooperazione basata sulla fiducia e orientata ai risultati, grazie alla quale i dipendenti pubblici si trasformeranno da impiegati a “lavoratori della conoscenza” (Knowledge workers). Tuttavia, l’Organismo raccomanda di riconsiderare le metriche di misurazione della performance nel contesto della pubblica amministrazione. Il sistema di valutazione delle prestazioni dovrebbe infatti essere rivisto e adeguato all’idea di un’attività lavorativa orientata al risultato. La produttività e la qualità dei servizi, la riduzione dei costi e il miglioramento dell’equilibrio tra lavoro e vita privata, cioè l’armonizzazione tra lavoro e vita privata, dovrebbero essere resi misurabili per mezzo di indicatori adeguati. In questo modo, si potrebbe superare una logica organizzativa esclusivamente gerarchica e avviare la transizione verso un’organizzazione “agile” con un legame di fiducia rafforzato, prestazioni di lavoro flessibili, una cultura dell’errore sana e aperta e valori comuni condivisi e opportunità di sviluppo personale.

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